lunedì 9 dicembre 2013

Le arti marziali e l' autocontrollo

Poco fa mi sono imbattuto nelle osservazioni di un utente di un forum: per farla breve questo ragazzo si chiede come si possa perseguire l' autocontrollo, imparare a gestire le situazioni stressanti (nella vita in generale) attraverso la pratica delle arti marziali, visto che dopo anni ha rimediato solo un infortunio piuttosto grave ma niente di quanto "promesso".

Ho pensato allora di trattare questo argomento dal momento che spesso genera malintesi.
La storiella la conosciamo un pò tutti, sempre grazie ai film: praticando le nobili AMT si apprende anche la meditazione e l' autocontrollo; Si impara ad essere sempre calmi e riflessivi anche nelle situazioni più drammatiche e a non incendiarsi come fiammiferi alla prima provocazione.
E naturalmente questo atteggiamento si dovrebbe ripercuotere in tutti gli aspetti dell' esistenza, nel noto Percorso di Vita che il marzialista persegue... imparando ad ammazzare la gente.

Siamo sicuri che la pratica di un' arte marziale possa donare questo tipo di autocontrollo?
Riflettiamoci un attimo: le arti marziali, di qualunque stile si stia parlando, si allenano attraverso la ripetizione di gesti.
Sono quindi un' attività prettamente atletica, spero che su questo non si discuta.
Nello specifico però trattano di combattimento (o almeno così si spera...) ovvero di situazioni stressanti sia a livello mentale che fisico.
E questa peculiarità finisce per migliorare la gestione dello stress, dovuto alla paura di farsi male ma anche alla necessità di rimanere lucidi e concentrati per la riuscita delle tecniche.
Il combattimento è una situazione molto specifica ma si da per scontato che saperlo gestire emozionalmente si ripercuota anche su tutto il resto.
E invece io non ne sono molto convinto.

Ho già spiegato in passato di come per affrontare con maggior tranquillità un certo tipo di situazioni sia necessario farci l' abitudine: più mi cimento in combattimenti o allenamenti "duri", più ci sarò abituato e saprò mantenere la calma nell' affrontarli.
E' una regola base dell' apprendimento.
Se mi alleno regolarmente nel dare e ricevere cazzotti, non mi prenderà il panico se mai mi dovesse capitare al di fuori di un ring o della palestra.
Questa però è una forma di autocontrollo abbastanza specifica, sebbene tra le più importanti visto l' argomento.

Anche chi esercita in modo completamente diverso migliora una forma di autocontrollo, e mi riferisco proprio alle AMT con le loro pratiche di forme di posizioni, ostentato controllo dei colpi o persino "meditazione" (spesso travisata...).

Tuttavia quello che chiedeva il ragazzo era qualcosa di molto più generalizzato, l' autocontrollo e la gestione dello stress a 360 gradi, nel lavoro e nella vita tutta.
E questo a mio avviso non è direttamente collegabile al saper gestire una scazzottata.

Essere dei gladiatori del ring porta essenzialmente a saper gestire un confronto violento e ad avere maggior autostima e determinazione.
Questi due aspetti valgono la candela già da soli, sia ben chiaro.
Ma quanto è assimilabile questo genere di stress rispetto a quello di un lavoro oberante o di un problema familiare?
In fondo qualsiasi attività sportiva può aiutare in questo senso: nuotare, fare arrampicata, correre... tutte attività che aiutano nella percezione dei propri limiti e nel loro superamento, nel controllo del proprio corpo ed emozioni e ancor di più nello scaricamento della tensione.
Perchè finchè si parla di attività atletiche, ognuna di essa fornisce un potenziale miglioramento caratteriale che vada aldilà del semplice gesto.

O dovremmo supporre che tutti i grandi campioni di Muay Thai o i Santi Maestroni cinesi che spostano la gente con l' aria dal sedere siano immuni allo stress grazie all' arte marziale?

(Tra l' altro mi permetto di osservare che proprio i sedicenti esperti di AMT, quelli che raccontano della Via e cazzate annesse, sono spesso i primi a dar prova di immaturità e scarsa gestione dell' emotività; E non tanto perchè ne siano meno capaci, ma proprio perchè pretendono di esserlo e lo dicono in giro).

La gestione dello stress, nelle sue varie forme, non passa in modo privilegiato attraverso lo studio delle arti marziali.
Spesso è tutta questione di auto-convinzione, che porta in effetti a dei risultati ma come lo potrebbe fare qualsiasi altra attività dal training autogeno alla meditazione (quella vera), allo Yoga e persino alla religione.
Perchè lo stress è una condizione prima di tutto mentale ed è lì che si può fare la differenza.

Per questo abbiamo praticanti che, essendo particolarmente appassionati e presi dalla propria arte marziale "dai saggi insegnamenti", si autoconvincono a tal punto da modificare il proprio atteggiamento nella vita, sforzandosi di restare calmi ed affrontare le cose con criterio.
E questo è un successo; Indiretto, ma effettivamente riconducibile alla pratica.
Però vorrei far notare che le stesse conclusioni le ho sentite personalmente raccontare da giocatori di biliardo, da alpinisti, da surfisti, da corridori ed altri ancora.
Tutta gente che dalla propria passione ha ricavato miglioramenti caratteriali, determinazione, rilassatezza e tutte quelle qualità utili a raccontare alle ragazze in hot pants di essere "uomini migliori"... :-)

Io lavoro male sotto stress, me ne sono reso conto più volte nel passato.
Quando sono messo sotto pressione, ho scadenze strette o un grave problema da risolvere vado "in panico", inizio a sudare freddo e commetto errori banali.
Come dovrebbe influire il saper fare a cazzotti in questa situazione?
O il saper fare una forma con grazia e precisione?
O l' aver rischiato la vita appeso ad un cornicione a mille metri nel vuoto?
La verità è che non c'entra un cazzo: ho affrontato il problema organizzandomi meglio, ponderando meglio la comunicazione e stabilendo paletti imprescindibili.

E questo è solo un esempio.
La ricercata gestione dello stress passa attraverso una moltitudine di pratiche e osservazioni che non hanno a che vedere con le arti marziali.
L' autocontrollo nelle situazioni di paura è una qualità piuttosto specifica e non assimilabile ad altro.
Gestire lo stress della vita si impara soprattutto... vivendolo.

venerdì 6 dicembre 2013

I maestri "fai da te"

Come anticipato nel post precedente andiamo a parlare di quei maestri che insegnano il proprio stile in maniera privata, senza associazioni di turno o palestre di riferimento.

Sento di dover fare qualche premessa.
Personalmente non trovo sbagliata in assoluto questa strada, almeno sotto alcuni aspetti: prima di tutto il fatto di essere slegati da qualsiasi scuola brandizzata permette un' apertura mentale maggiore e poche storie riguardo programmi di apprendimento, metodologie o "purezza" presunta di un sistema.
Uno si allena in quello che vuole, come vuole e sotto una buona guida questo può essere solo che bene.
Non ci sono di mezzo fastidi come gli esami per le cinturine, gli stage "obbligatori", la divisa ufficiale, il rinnovo dell' iscrizione, l' assicurazione che tanto non copre niente, più altre cose.
Tutto questo assomiglia molto di più al modo in cui si apprendevano le arti marziali nei famosi secoli passati... sempre che la cosa vi interessi.

Il problema però resta quello: chi vi assicura che il tal istruttore sia "una buona guida"?
E qui casca l' asino... perchè mi pare scontato che nessun allievo inesperto abbia gli strumenti necessari a giudicarlo.
Soprattutto nel momento in cui il sedicente maestro dichiari di insegnare il proprio stile, sul quale non sia possibile sindacare non avendo altri esperti con i quali confrontarlo.

Io vorrei soffermarmi su questo aspetto della cosa, prima ancora che sulla bontà o meno di quanto spiegato: qual' è la reale competenza in materia del maestro?
Su quali fondamenta è costruito il suo stile di arti marziali e la sua esperienza nel campo?
Perchè purtroppo ad insegnare con questa modalità sono soprattutto i soliti fenomeni che con qualche anno di pratica poi pretendono di averne già capito abbastanza, in particolare quando hanno sufficiente abilità fisica per stupire i neofiti (incapaci).
Vedi ragazzetti che fanno i maestri di Jeet Kune Do (che si sa è un mischione interpretabile a piacere), si riempiono la bocca di qualche nozione rubata qua e là ma alla fine magari hanno fatto giusto un paio d' anni in un corso normale più qualche stage in giro, ai quali si presentano come "istruttori".
Senza contare che non avendo un corso regolare in cui allenarsi a propria volta, e dovendo mantenere una certa reputazione (non possono di certo iscriversi al corso della città!), finisce che il loro progresso tecnico si interrompe e non hanno più modo di confrontarlo ed allenarlo attivamente.

Il disastro assume proporzioni epiche quando poi questa gente dichiara di aver codificato un intero stile, o di essere l' unico depositario autentico rispetto ai ciarlatani dei corsi standard.

Abbiamo così episodi come quello del maestro di Wing Chun che diceva di essere l' unico ad insegnare, nel proprio garage, quello "originale che funziona", il maestro senza colore che sostiene di essere tipo il più grande esperto di arti marziali d' Europa per arrivare allo sconcertante ed esilarante caso del maestro di una "sacra scuola del colpo dorato", tramandato da tipo 5000 anni dai monti tibetani fino al Sud Italia...

Ma anche senza scadere in questi casi umani è giusto osservare che qualsiasi esperto si deve essere formato da qualche parte e dopo svariati anni, e chiunque dichiari di aver fondato uno stile, da insegnare privatamente, in genere è solo un pallone gonfiato in cerca di guadagni facili.

C' è stato un tempo in cui, proprio al culmine del mio disgusto per ciò che vivevo nella mia AMT, anche io ho ipotizzato di abbandonare qualsiasi pratica "ufficiale" per continuare ad insegnare quel cavolo che volessi, senza più etichette, programmi e formalità inutili.
Posso affermare con assoluta certezza che molti altri praticanti della stessa scuola abbiano lasciato per poi finire a fare in sostanza la stessa cosa con un altro nome; Uno in particolare ha pure fondato una nota scuola che risponde per filo e per segno a quanto indicato nell' articolo sui Novelli Inventori.

A quei tempi ero già consapevole di questa incoerenza, e mi ritrovai a pensare di aprire un corso di... "Arti Marziali".
Mi sembrava la cosa più onesta, per slegarmi del tutto dalle esperienze precedenti senza però rendermi colpevole di aver creato anche io l' ennesima disciplina.
Ma la cosa risultava altrettanto ridicola: chi mai avrebbe voluto iscriversi ad un corso di... Arti Marziali®?
Quale palestra avrebbe voluto un programma con scritto "Dalle ore X alle ore Y corso di Arti Marziali®"?!
Insomma dai, restava comunque una pagliacciata...
E così pensai anche io di rigirare la frittata vendendo il tutto come... Jeet Kune Do!!!
Perchè è quello che hanno fatto in tanti, giocando con le parole lasciate da Bruce Lee...

Per fortuna avevo quel briciolo di obiettività per rendermi conto che sarebbe stata tutta una stronzata, che alla fine io ero competente in quello che avevo fatto fino ad allora e in nient' altro.
Rubare tecniche agli stage o vendersi come esperti dopo un mese in una disciplina sarebbe stato mortificante per la mia dignità (mentre per altri pare non lo sia...).
Grazie al cielo quell' idea malsana non si è mai realizzata, anche perchè penso che ad oggi per la vergogna avrei smesso del tutto di praticare qualsiasi cosa inerente al combattimento...

Mi è capitato anche che qualcuno mi chiedesse di fargli lezioni private, di insegnargli "a casa".
Ed anche in quel caso, per troppa onestà, mi sono trovato a riflettere sull' inutilità della cosa declinando l' offerta.
Per allenarsi può bastare un pò di spazio e qualche semplice strumento, vero; Ma per imparare le arti marziali servono un allenamento ed un impegno costanti, non certo lezioncine da decine di euro all' ora una volta a settimana, tu ed io.

Io metto in guardia da tutta quella gente che dice di aver fondato stili improbabili e dice di insegnare privatamente a pochi eletti.
La regola è sempre la stessa, verificare le fonti, provare anche da altre parti per avere un confronto ed imparare a giudicare.
Ed allenarsi duramente!